19 febbraio 2013

IL RICORDO DELLA SHOAH

Il ricordo della Shoah ha richiesto davvero un notevole impegno sia nella comprensione che nell'ascolto; pur essendo stato molto attento, infatti, a casa ho dovuto riorganizzare i vari episodi per ottenere una visione più chiara del contenuto che mi aveva lasciato un po' perplesso.
Si trattava di un processo tenuto in un magazzino con quattro soli attori: un ambiente squallido che non è mai cambiato con quattro personaggi col compito di dare risalto solo alla parola.
Solo all'inizio scorre un filmato: su una sedia, legato, bendato, con la stella gialla applicata sul petto, un prigioniero tedesco chiedeva informazioni su quello che gli stava succedendo mentre un ufficiale delle S.S. che, secondo il rituale dei campi di concentramento, non dava risposta e si limitava a sorvegliarlo in attesa dell'arrivio di una donna.
Questa era un'ebrea, scampata a un campo di sterminio, che aveva riscattato il prigioniero perché desiderava farlo processare.
Elga, così si chiamava la protagonista, disgustata da ciò che aveva visto e provato, identificando Dio nel prigioniero, voleva fosse condannato perché aveva permesso tante infamie e le elencava perché le provassero.
Citava il campo di concentramento, soprusi, gli esperimenti crudeli, le camere a gas, le decimazioni.
Il rabbino, quarto personaggio, verificata la verità dalla prova, ha condannato Dio, mentre il giudice lo ha assolto.
Alla fine, l'ebrea ha risolto il processo, uccidendo con un colpo di pistola il condannato.
Per la verità il significato del processo non mi è chiara: se quel condannato identificava Dio, perché portava la stella gialla?
Se era il tedesco che aveva sbagliato, perché giudicare Dio?
Di solito "chi sbaglia paga"; Dio non aveva sbagliato, sono gli uomini che sbagliano sempre.
Le mostruosità dei campi di sterminio riguardano degli uomini: le prove erano agghiaccianti e sentirle elencare metteva i brividi.
Il finale veramente è stato una sorpresa, avrei pensato di tutto: una condanna esemplare, un'accorata difesa di Dio da parte del rabbino, ma perché quel colpo di pistola al nazista travestito?
Io sto leggendo il libro di Primo Levi "Se questo è un uomo" e tante delle azioni compiute nei riguardi del condannato, le ho trovate al contrario sui deportati.
Si voleva forse, far provare all'aguzzino quello che aveva fatto subire a tanti innocenti?
Avrei voluto capire di più, insomma .
Un lavoro coinvolgente senza dubbio, ma difficile nel suo insieme.
 Davide

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